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Pranzo pugliese presso Lo Moleno d’acqua del Ponte a Bovino

Pranzo pugliese presso Lo Moleno d'acqua del Ponte

Lo Moleno d’acqua del Ponte, lungo il fiume Cervaro, nel cuore dei Monti Dauni, occupa una posizione strategica. Fin dai tempi di Plinio era l’arteria di collegamento tra Napoli e la Puglia, era la Strada Regia delle Puglie. Qui si trovava la Posta del Ponte, un rifugio per chi passava da queste parti.

Pranzo pugliese presso Lo Moleno d’acqua del Ponte a Bovino

La costruzione rurale, nelle campagne a nord-est di Bovino, “sfrutta” il  ruscello Cervaro. Un tempo la valle del Bovino è stata il rifugio di diversi briganti ed era attraversata dall’antica strada Regia delle Puglie, arteria parallela alla via Appia che collegava Benevento e Brindisi. L’edificio si compone di tre aree: l’abitazione del mugnaio, al di sotto della quale si trova il mulino del 600 ormai in disuso. Sulla destra vi è l’accesso all’impianto di macinazione, datato 800, ancora funzionante.

Pranzo pugliese presso Lo Moleno d'acqua del Ponte
Pranzo pugliese presso Lo Moleno d’acqua del Ponte

Ad accogliervi la famiglia Grasso: Olga, Luana, Francesca, Massimo e Valerio. Come ci spiega Massimo: “É una eredità di famiglia tramandata di generazione in generazione. Siamo fieri di essere rimasti gli unici in Puglia a conservare un mulino che funziona con la forza dell’acqua“.

Un’altra piacevole sorpresa è il pranzo offerto dopo la visita al mulino: focaccia di grano Senatore Cappelli con verdura dell’orto di Caterina, fagioli e cipolla, polpette di pane, frittata di cipolle, una pizza rustica con salame, formaggio e uova.

E da bere? La Falanghina di zio Antonio, appassionato vinificatore, produttore di vini eccellenti solo per la sua  famiglia.

La Puglia e la pasta

Pranzo pugliese presso Lo Moleno d'acqua del Ponte

Se dici Puglia, dici orecchiette, cavatelli, calzoncelli, cecatelli, fainelle, troccoli, strascinati, pane casereccio, scaldatelli, pizze fritte, fave e cicoria, noci, marmellata di fichi e soprattutto il Pan Cotto, un mix di pane raffermo, rucola, patate, erbe selvatiche, olio, aglio e sale. I più fortunati univano del pecorino. Un piatto povero, creato da contadini che non potevano permettersi di buttare via il pane avanzato, anche se raffermo.

I tipi di pasta pugliesi

Pranzo pugliese presso Lo Moleno d'acqua del Ponte

Se le orecchiette, tipiche della zona di Bari, risalgono al XII e il XIII secolo, i cavatelli, importati dal Molise, sono fatti con un impasto di semola di grano duro e acqua. Se i calzoncelli sono fagottini ripieni dolci o salati, i cecatelli, condivisi con la Campania, sono fatti con semola di grano duro, acqua e sale.

Se le fainelle hanno una forma simile a quella della carruba, da cui prendono il nome, e sono realizzate con un coltello privo di manico dalla punta arrotondata con il quale si tirano dei pezzetti di impasto fino a ottenere un cannello allungato e incurvato, i troccoli, preparati anticamente con il ferro da maccaroni, oggi è realizzata con uno strumento in legno chiamato torcolo o troccolo.

Non si possono dimenticare gli strascinati ricavati dallo “strascinare” con il dito l’impasto, per ottenere pezzi allungati e appiattiti. Assume  il nome cavatello se schiacciata con un solo dito, cecatello se con due. É una pasta che può prevedere bordi più o meno ampi, più o meno sollevati, tirati a mano o con strumenti particolari.

Indirizzo Lo Moleno d’acqua del Ponte

Per informazioni +39 333 8346883 – info@lomolenodacquadelponte.it

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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