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Identità liquida nel III millennio: cibo, cultura e identità

Come difendere le idee ed i contenuti originali

identità-cibo-rete-Bellavista-Samsung-ArenaVenerdì ho partecipato alla tavola rotonda “Innovazione che piace. Come difendere le idee ed i contenuti originali” (organizzata da Italiaintesta) ed ho portato il mio contributo con il tema “Identità liquida nel III millennio” in cui ho evidenziato alcune connessioni sull’argomento (e parlo di connessioni non a caso: sono partito proprio dal 1957 con il progetto ARPAnet che ci avrebbe portato, da lì a 12 anni, al primo collegamento internet della storia). Attraverso l’analisi dei temi cibo, cultura, identità ho messo a fuoco alcune evidenze che avrebbero moltiplicato esponenzialmente le opportunità di cambio e/o moltiplicazione delle identità: mai come ora Pirandello si troverebbe a suo agio, con una, nessuna, centomila personalità (e con molte complicazioni comprese nel prezzo :-)). Eccoci dunque all’identità contemporanea, un’identità in cui il cibo sia a livello personale che sociale, la fa da padrone.

Cibo, cultura, identità a livello personale

Partiamo con il livello personale: la nostra conoscenza, appena nati, passa, grazie alla bocca, attraverso il gusto: mettiamo in bocca tutto quello che è a nostra portata, infatti, non solo cibi e bevande e lo facciamo per conoscere, per iniziare a capire il mondo ‘portandolo alla bocca’…. Possiamo, quindi, facilmente immaginare quanto questi primi contatti con il mondo rimangano nell’inconscio come imprint essenziali per la nostra crescita: quindi, dopo la fase infantile, elaboriamo una successione di altre emozioni ed allineamenti che, relativamente al cibo, ci condurrà verso le mete più disparate, a seconda dell’atteggiamento adottato. C’è chi trova nel cibo un rapporto equilibrato, chi invecelo vive  tanto morbosamente da sfociare nella patologia, chi, invece, lo vive come solitario piacere tra le sportelli di un frigo notturno, chi desidera e diventa gourmet, chi, infine ne fa un’occasione di meditazione, ecc….

Identità, cibo e socialità

Sul versante sociale, invece le valenze del cibo, soprattutto in Italia, sono vaste e profonde: tutti noi, appartenenti all’italicità, abbiamo ben chiaro cosa significhi “mangiare insieme”. Ma non è solo questo: dietro al consumo del cibo si nasconde infatti anche la costante ricerca di un segno di distinzione e dunque di identificazione e riconoscimento che alimenti la nostra identità.

I prodotti hanno una loro identità precisa?

Ma l’identità è importante anche per i prodotti alimentari: è un’identità che si avvale – come affermiamo nella presentazione del nostro blog – di aspetti culturali di straordinaria forza: ogni piatto, vigna, ricettario, territorio, negozio è un universo ricco di strati narrativi ed esperienziali. Occuparsi di enogastronomia, in Italia vuol dire occuparsi di cultura. E’ proprio attorno a questo concetto (che si applica anche ad altre merceologie: design, moda, auto) che ho concluso il mio intervento parlando di ‘italian sounding e contraffazione’…. “La migliore protezione di una identità è renderla memorabile, condivisa, esperienziale. Il mito è inattaccabile, i brevetti qualche volta invece lo sono. Uno story telling efficace è parte essenziale dell’identità di un prodotto (solo se c’è una storia vera da raccontare, naturalmente), ne diventa parte integrante in una sorta continuo aggiornamento in real time”. Ecco perchè nel mio intervento ho sottolineato lo stretto legame tra cibo, cultura e identità: il cibo è contemporaneamente socialità, arte, storia, attualità, cultura del territorio, tecnologia e psicologia sulla tavola imbandita del futuro.

Nell’immagine in alto: “Decalcomania” di R.Magritte, 1966

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