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Al Teatro Menotti una rilettura di Sabelli de La Locandiera di Goldoni

Non è facile mettere in scena “La locandiera” di Goldoni senza temere il solito polpettone educativo, didattico, o solamente nostalgico. La regia di Stefano Sabelli propone una rappresentazione fluida, appetibile. L’azione è trasportata dalla Firenze del ‘700 al Delta del Po, negli anni 50, in un’atmosfera che richiama la melma delle paludi. Si respirano le atmosfere dei film del neorealismo italiano. Uno per tutti: Riso amaro di De Sanctis. Si vede uno scenario stagnante in attesa di una corrente capace di smuovere le acque, si “tocca” l’aria umida, si percepiscono i desideri di personaggi in cerca di qualcosa in grado di animare le loro vite. Ci sono giovani, meno giovani, donne in cerca di un ruolo sociale. Sono personaggi che probabilmente cercano di sognare, ma si risvegliano irrimediabilmente in una realtà che non riescono a piegare ai loro desideri. É la rappresentazione dell’Italia provinciale, di quel paese legato ancora a vecchi cliché rassicuranti, sia pure percepiti come “stretti”. Sono persone che non riescono a andare al di là del mondo in cui sono cresciute. Mirandolina, la brava Silvia Gallerano, una delle attrici italiane più premiate e seguite a livello internazionale, lotta per la sua emancipazione, ma alla fine accetta la protezione maschile. Alla fine non ce la fa a rivendicare la sua indipendenza. Forse non ha mai creduto di potere diventare una donna veramente libera. Vedere “La Locandiera” riletta da Sabelli ti dà una sensazione strana, talvolta irritante, quel fastidio che ti dà la rappresentazione di una realtà che conosci fin troppo bene. É quel sentimento di attesa, di sospiri, di speranze tradite di cui è vittima il nostro Paese, che talvolta sembra credere di avere perso il treno del cambiamento. Lo spettacolo descrive l’aridità di una vita che scorre via senza lasciare tracce. “La locandiera” è uno spettacolo che mantiene quello che promette, un’opera diversa dal testo originale, ma estremamente emozionale. I personaggi esprimono malessere, sradicamento, sudore. Vengono in mente i personaggi di Luchino Visconti, anche se talvolta nello spettacolo di Sabelli i personaggi che finiscono per essere soggetti troppo caricaturali. Non è semplice mettere in scena un’opera di Goldoni. Sabelli lo fa scegliendo una scena simile a una giostra che presenta diverse spaccati di vita. Uno spettacolo da vedere!

La Locandiera o L’Arte per Vincere

di Carlo Goldoni
adattamento e regia Stefano Sabelli
con Silvia Gallerano: Mirandolina
Claudio Botosso: Cavaliere di Riparata
e Giorgio Careccia: Conte di Albafiorita
Gianantonio Martinoni: Marchese di Forlipopoli
Chiara Cavalieri Ortensia: Eva Sabelli Dejanira
Diego Florio: Fabrizio
Giulio Maroncelli:  il Servitore
Angelo Miele: il Fisarmonicista muto

Fino a  domenica 12 novembre al Tieffe Teatro Menotti Milano

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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