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Acqua nel vino? Che confusione! Il vino senza alcol è una news?

Il sito Dissapore lancia il sasso: il dibattito sul “vino annacquato” causa Unione Europea non è una vera notizia!

Lo scandalo è scoppiato da qualche settimana. Dichiarazioni, comunicati, interviste assai dure di diverse associazioni di categoria degli agricoltori italiani e della Coldiretti hanno creato attenzione e titoloni un pò avventati nei confronti intorno a un intricato negoziato in corso nelle istituzioni dell’Unione Europea sulla regolamentazione dei vini dealcolati, ovvero quelli che hanno un basso o nullo quantitativo di alcol. Si è parlato di acqua nel vino, ma è corretto?

Acqua nel vino? Scandalo o notizia esagerata?

Per Coldiretti le nuove regole dell’Unione Europea sui vini dealcolati sono «un grosso rischio ed un precedente pericolosissimo che metterebbe fortemente a rischio l’identità del vino italiano ed europeo».

Per essere rigorosi, l’alcol è un ingrediente essenziale per la definizione del vino, in caso non sia contemplato dovremmo parlare di “bevanda analcolica a base di vino“. Tuttavia, sebbene intrinsecamente contraddittoria, la legislazione europea consente il termine “vino senza alcol”.

Ma, attenzione, può riguardare solo i vini che sono stati de-alcolizzati. In altre parole, il “vino analcolico” è una bevanda che era vino e non è più vino. Altrimenti, parliamo di “bevanda fatta con succo d’uva”. Come vedete non si può parlare di acqua nel vino.

Il sito Dissapore, avvalendosi dell’intervento di Alessandra Biondi Bartolini, direttrice scientifica del periodico dei viticoltori italiani Mille Vigne, sottolinea come la vera riflessione deve vertere sul fatto se considerare i vini dealcolati come «prodotti vinici» oppure no.

Come ricorda la studiosa su Dissapore: “La dealcolazione è una pratica consentita dal 2009 per i vini generici nella misura massima del 20% (con un contenuto in alcol dopo dealcolazione non inferiore ai 9 gradi). La parziale dealcolazione si è resa necessaria perché, com’è ormai noto, i cambiamenti climatici hanno progressivamente portato a concentrazioni sempre più elevate di alcol. Si tratta insomma di uno strumento operativo, necessario a volte per arginare il problema“.

Il reale problema è il vuoto legislativo per prodotti che secondo la studiosa lo sono. Si tratta ancora di studi di una commissione, non di una proposta di legge. Un punto di vista interessante che vi invitiamo a leggere su Dissapore.

Quanto alcol nel vino per essere definito tale?

Pensavi davvero che fosse così semplice? Chiarito che si parla di vini che hanno subito il processo della dealcolazione, nasce un problema che suscita diverse perplessità. Fortunatamente, sta iniziando a chiarirsi. Perché la riforma della politica agricola comune, che dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio 2023, fornisce un quadro giuridico più trasparente su queste bevande, il cui contenuto alcolico, sebbene minimo, potrebbe comunque rimanere, generalmente intorno allo 0,3 per cento. I “vini dealcolizzati” e i “vini parzialmente dealcolizzati” saranno ora legalmente consentiti. Potranno avere una denominazione di origine protetta e potranno contenere tra lo 0,5% e l’8,5% di alcol. 

C’è chi plaude alla possibilità di una regolamentazione sui vini dealcolati

Inoltre non manca chi sottolinea come la misura potrebbe dare la possibilità al vino di estendere il proprio mercato anche in quei Paesi in cui non è possibile consumare bevande alcoliche. “L’Unione europea non ha assolutamente intenzione di danneggiare la qualità del vino annacquandolo e privandolo delle sue proprietà. Bisogna fare chiarezza sulla proposta avanzata dalle istituzioni europee nell’ambito dei lavori relativi alla Pac.  L’iniziativa, infatti, nasce per dare la possibilità al vino di estendere il proprio mercato anche in quei Paesi in cui non è possibile, soprattutto per motivi legati alla religione, consumare bevande alcoliche. Tuttavia questa proposta riguarderebbe esclusivamente i vini da tavola e non colpirebbe quelli con denominazioni d’origine e qualora dovesse passare, l’ultima parola ce l’avrà sempre il produttore”. Ecco il commento di Paolo De Castro, eurodeputato e primo vice-presidente della commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo, all’agenzia Dire.

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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