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Cibo e cultura. L’arancia Navel…acida ma non troppo!

In un’epoca in cui trionfa la diffidenza, in cui si alzano muri culturali ci si dimentica spesso che il cibo che amiamo è arrivato spesso sulle nostre tavole per strade accidentate e incontri casuali. Al di là della italica pizza o della pasta al pomodoro, la stessa arancia ha, per alcune varietà, una storia davvero avventurosa.

Chi non ama la Navel, l’arancia facilmente riconoscibile per il suo affossamento sulla buccia che ricorda un ombelico? Il nome stesso, dall’inglese navel ombelico, ce lo suggerisce. Di che si tratta? Di una piccola arancia, diremmo assai timida, che si nasconde nella scorza della sorella maggiore. Non è l’unica stranezza di questo frutto. Non ha semi e nasce da fiori sterili. Per il resto ha una forma rotonda, leggermente schiacciata; spicchi con una grana fine succosa e con un rapporto acidità/ grado zuccherino tutto a favore della dolcezza.

La strana nascita dell’Arancia Navel

La loro storia inizia 200 anni fa in un monastero brasiliano benedettino a San Salvador di Bahia. Su un albero di arance non commestibili per miracolo, noi diremmo scientificamente per spontanea mutazione genetica, compare l’arancia con l’ombelico. Succosa, buona e dolce, diventa il fine pasto del priore. Fin quando, complice un missionario presbiteriano portoghese, l’arancia Navel inizia il suo pellegrinaggio.

In California, a Riverside, precisamente in Magnolia Street, arriva un germoglio. Essendo sterile è innestato su un altro albero di arance. Per riproduzione vegetativa, cresce un albero che diventa sempre più imponente e si trasforma in un monumento foodcultural californiano.

Oggi gli agricoltori californiani hanno creato la più grande industria agrumicula del mondo. Ma la nostra arancia Navel non si ferma in California. Continua il suo viaggio e migra verso la Florida, il Sudafrica, l’India e alcune regioni dell’Asia orientale per arrivare fino all’Australia.

Ma l’arancia Navel è stata accolta anche in Sicilia. Importanti produzioni si trovano a Ribera. Con il marchio DOP sono vendute in tutta Italia, dove sono ricercate per il loro grado zuccherino che le rende estremamente digeribili.

Ma quali sono le proprietà salutari dell’arancia?

L’arancia, oltre ad essere ricca di vitamine, è da consumare per il suo potere antiossidante, per la sua capacità di stimolare l’attività cerebrale, di favorire la digestione, di alleviare i dolori di stomaco e depurare l’organismo. In Italia se ne coltivano moltissime varietà suddivise in due categorie, le bionde e le rosse, a seconda del colore della polpa.

Ci sono le “arance da spremuta”, dalla buccia più sottile ma molto succose e dolcissime, e le “arance da tavola”, più grosse, dalla buccia carnosa, meno succose, ma sempre gustose e dolci. Tra le arance “bionde” la più conosciuta è la navelina, “washington navel”, mentre tra le rosse la “Rossa Sicilia”, tra cui si distinguono le varietà, tarocco, sanguinello e mora.

Le arance apportano 34 Kcal per 100 grammi, pertanto sono indicate in numerose diete. Per 100 grammi di arancia sono presenti 87 grammi di acqua, circa 8 grammi di carboidrati, 1,6 di fibre, 0,7 di proteine e 0,2 g grassi.

I citroflavonoidi  rafforzano i capillari, mentre la ricchezza di vitamina C assicura una buona attività antiscorbutica, antiradicalica, oltre ad aumentare le difese immunitarie dell’organismo.

Inutile ricordare che l’arancia è la protagonista indiscussa di numerosi menu gourmet: dal cocktail al dolce. La storia dell’arancia Navel è un’ ulteriore dimostrazione di come cibo e cultura siano spesso ciò che porta alla creazione della cucina gourmet.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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