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Tanti i “segnali del nuovo” che sta arrivando, anzi che è già arrivato

Stiamo vivendo in un’epoca di grandi cambiamenti, mai così veloci

Stiamo assistendo ad un cambio clamoroso di interessi, di abitudini, di visione e di valori. Ecco una serie di “segnali del nuovo” che ci aiutano a comprendere il futuro prossimo venturo e che, quindi, almeno in parte, ci suggeriscono quali contromisure prendere.

Iniziamo, con una notizia di seguito all’altra: la moltitudine dei segnali del nuovo rende più marcato un segnale debole

Lo scorso 25 aprile si è tenuta negli USA la cerimonia di assegnazione dei premi Oscar con un fatto inatteso: il ‘crollo’ del mito dei premi Oscar. La cerimonia ha messo infatti a segno dati d’ascolto clamorosamente bassi: 9.85 milioni gli spettatori negli USA contro l’edizione dell’anno scorso, che aveva avuto circa 24 milioni di persone; il 29% delle donne italiane ha scoperto che la cura dei capelli in casa è un cura antistress – Ricerca Mintel; se si parla di creme protettive per il sole, il quoziente protettivo resta il criterio di scelta più importante, lo dice l’87% degli italiani ma il 40% pone il rispetto dell’ambiente come una componente essenziale – Ricerca Eye Square; riguardo le scelte degli americani sulle prossime vacanze invece il dato conferma le scelte degli anni pre-covid, anzi le potenzia: come prima scelta le travel agencies parlano di Italia al 93%. Continuiamo a considerare i “segnali del nuovo” estremamente evidenti a cui assistiamo ai nostri giorni e questa volta alziamo il tiro parlando di cambiamenti climatici: come sottolinea la rivista americana Eater, da qualche anno il clima mediterraneo, definito anche “il clima dell’olivo”, dove gli inverni sono freddi – ma non gelati – e le estati sono lunghe e calde, sarà un antico ricordo. Questo processo di trasformazione climatica nel nostro paese è evidente e sta già influendo nell’intero ambito agricolo. Parlando ancora di cibo l’arte bianca vola: pane, focacce, pizza a discapito della carne, sempre più sottoposta a processi che mettono in discussione la sua salubrità e il forte impatto ambientale; avanza la preferenza verso i cibi biologici; molte le iniziative per recuperare dalla spazzatura materie prime come per esempio le bucce di molta frutta e verdure.

Tanti i segnali del nuovo, qualcosa si chiama già futuro

Indagine Deliveroo: il 41% degli intervistati ha dichiarato di aver utilizzato il food delivery per esaudire un desiderio a tavola, ma, oltre il 35%, lo ha utilizzato anche per sostenere ristoranti, pizzerie, gelaterie e bar delle proprie città; 2021 chiuderà un’impresa su quattro nel settore ristorazione e alloggi – Confcommercio; la Guida Michelin ha introdotto le stelle verdi: d’ora in poi, la sostenibilità di un ristorante farà la differenza e la buona cucina non basterà; una ricerca targata The Economist: il 60% dei millennials è interessato ad adottare una dieta flexitariana, regime alimentare in cui aumenta il consumo di pasti a base vegetale, senza rinunciare completamente alla carne. Orti urbani? A Milano si contano circa 2300 orti in città, per un totale di 850 ettari e 16 giardini condivisi – Comune di Milano. Il meglio? Una grande terrazza di 700 mq su un tetto via Tortona: con annesso un orto urbano su progetto dell’artista Michelangelo Pistoletto. E le Food Forest? Sì, anche: al Parco Nord, a Milano, nascerà una Food Forest, si tratta di diecimila metri quadri con 2000 piante tra alberi da frutto, arbusti, e coltivazioni annuali di ortaggi (si chiama WOWnature, la piattaforma che permette di adottare o regalare l’adozione di un albero); le imprese familiari hanno risentito particolarmente dei riflessi negativi della crisi pandemica: affermano che solo in 6 casi su 10 confidano in un recupero entro il 2022.

Diamo il meglio quando tocchiamo il fondo?

Tanti dati, molti “segnali del nuovo”con forte significato negativo: c’è speranza? Il popolo italiano diede il meglio (ed è un meglio assoluto per la maggioranza degli storici) nel periodo rinascimentale, periodo contraddistinto dalla più forte epidemia di peste (nera), dal proliferare subitaneo della sifilide (un figlio Borgia ne morì) mentre tutti combattevano contro tutti coinvolgendo in guerre e battaglie diverse le città di Milano, Forli, Mantova, Venezia, Pesaro, Pistoia, Firenze, Napoli, Roma, Urbino e coinvolgendo gli eserciti della Francia, Spagna, Inghilterra sino all’Impero Ottomano. Diamo il meglio quando tocchiamo il fondo?

Nell’immagine, la peste Nera a Firenze nel 1348: si parla della perdita di almeno tre quinti della popolazione. La progressione che portò poi Firenze al riscatto ed a divenire il Centro del grande Rinascimento Europeo, è stato questa: le carestie del 1315-1317, il crack finanziario del 1340-1345, la Peste Nera 1348.

 

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