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Social eating: la nuova frontiera degli chef

Social eating, home restaurant e chef a domicilio. Ecco il nuovo fenomeno che coinvolge gli appassionati del buon cibo, quelli che amano cucinare ma anche condividere. D’altra parte siamo nell’epoca della sharing economy. Sempre più persone mettono in comune, spazi, esperienze, conoscenze e passioni. Chi non ha provato a vivere una vacanza in una casa di estranei preferendola a una camera di albergo o più banalmente non ha noleggiato una bicicletta o un’auto? Allo stesso modo chi ama la cucina può decidere di “viverla” con amici o sconosciuti. Spesso ci si rivolge a una nuova figura professionale: il Professional Personal Chef. Per saperne di più, abbiamo intervistato Antonio Cancedda.Social eating: nuove frontiere per gli chef. Ne abbiamo parlato con Paolo Cancedda

Ci spieghi chi è un Professional Personal Chef?

“Un Professional Personal Chef è una via di mezzo tra un cuoco stellato e un servizio catering. Solo che, a differenza di quest’ultimo, prepara la  cena, colazione di lavoro o evento -che può essere di varia portata per genere e numero di invitati- direttamente a casa del cliente, preoccupandosi, oltre che della spesa, anche della mise en place. Il menù è concordato direttamente con il committente che, se vorrà, potrà assistere alla preparazione dei piatti arricchendo così anche le sue conoscenze in materia di cucina. Proprio come se si trattasse di un  vero e proprio mini corso”. 

Perché hai scelto questa professione?

“Perché è una professione che, se svolta con la giusta coscienza imprenditoriale, ti porta a girare spesso e ti offre parecchie soddisfazioni. Oggi puoi essere a Milano, alla sera a Torino, la settimana prossima in Sicilia”.

Ci racconti la tua prima esperienza?

“Me la sono inventata. Durante il Giro d’Italia di  qualche anno fa,  ho proposto di creare un “Piatto/Menù in rosa” in occasione di una delle tappe. Un cliente ha sposato l’idea, ci siamo messi d’accordo su quante persone potessero partecipare e cosa proporre. Ho cucinato con l’ansia addosso e la paura di non farcela. In verità è stata una splendida serata che ha portato ottimi frutti. Da allora non mi sono più fermato”.

Quali regole segui?

“Innanzitutto curo la preparazione, non si può improvvisare e la Fippc ti prepara ad essere un professionista. Ovviamente poi ci devi mettere del tuo. Le mie regole sono semplici: tutto deve essere trasparente e chiaro. Normalmente mi occupo io di spesa e vini. Parto sempre dalla creazione del menù interpretando i desideri del cliente, anche se spesso mi lasciano carta bianca. Stabilito il budget di spesa, compro sempre e solo materie di prima qualità, soprattutto fresche. Una regola da ricordare sempre? Cordialità e rispetto: sono un ospite, pagato per svolgere un lavoro. Le preparazioni sono fatte tutte davanti al cliente in modo che possa vedere come e cosa cucino. Naturalmente ricevuta fiscale per la prestazione professionale e rimborso spesa a fine evento”.

Porti tu la tua attrezzatura e ti incarichi personalmente della cena?

Porto tutto io, l’attrezzatura, laddove il cliente è sprovvisto di determinati utensili. Allo stesso modo mi occupo di fare la spesa da fornitori fidati per arrivare poi a preparare personalmente la cena o il pranzo“.

Quale tipo di cucina proponi?

social eating: un piatto proposto da Paolo Cancedda

Cucina sarda e piemontese, amo utilizzare fiori e piante eduli e proporre una cucina naturale. Prevedo sempre un menù anche per celiaci o clienti con intolleranze e/o allergie. Normalmente ripropongo la tradizione a tavola, anche se spesso amo presentare il tipico in modo del tutto atipico, senza  però stravolgere l’essenza della ricetta tradizionale. La mia è una cucina che prende spunto dal passato, anche molto remoto, ma sempre rivista per soddisfare il gusto del presente“.

Perché i personal chef sono diventati così popolari?

“Forse per moda, forse perché manca il tempo di cucinare dopo una lunga giornata di lavoro, forse perché ti permette di stare comodamente a casa tua come se fossi al ristorante”.

Hai mai pensato di aprire un ristorante?

“É un pensiero che mi frulla in testa già da tempo e non è detto che molto prima che poi non lo realizzi. Come si dice “stay tunned” -state in contatto- perché ne vedrete delle belle”.

Un piatto di cui sei particolarmente fiero?

 

social-eating- Paolo-Cancedda-piatto-cous-cous“Il cous cous. La mia è una ricetta semplice, ma ricca di sapori. Un mix tra mare e montagna,  un contrasto di sapori che armonizza il gusto delicato del pesce spada con quello più deciso delle olive taggiasche. L’emulsione all’origano lega poi tutti gli aromi. Una particolarità? Ho scelto il couscous di farro per il suo colorito e la sua sapidità in modo da riproporlo come era in origine. L’amore per il couscous è un amore che arriva da lontano, in fondo non è tanto differente dalla fregola usata nella mia terra d’origine, la Sardegna”.

Per saperne di più sulla professione del Professional Personal Chef: www.fippc.com

 

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One Comment

  1. Il social eating è indubbiamente una delle più interessanti novità introdotte dalla sharing economy. Tuttavia, come scrivo nel mio libro intitolato “Home restaurant e social eating. Guida all’attività di ristorazione in abitazione privata”, sono tanti gli aspetti da non sottovalutare. Primi fra tutti quelli fiscali e tributari (imposte e tasse da versare) e quelli di igiene e sicurezza (HACCP).

    Nicola Santangelo
    http://www.lavoroimpresa.com/lavoro-imprenditoria/art/1089-home-restaurant-social-eating-guida-attivit%C3%A0-ristorazione-abitazione-p

Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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