L’intelligenza artificiale sembra sostituire sempre più lavoratori anche nel settore della ristorazione. L’automazione sembra essere un nemico più che un alleato del lavoratore. Più persone sottolineano che in realtà la liberazione dal lavoro sia per l’uomo lontana. Molti lavoratori hanno peggiorato le loro condizioni di lavoro. Sembra un paradosso ma non lo è.
È recente lo scandalo suscitato dalle condizioni economiche di Microsoft di chi trascrive e classifica le conversazioni umane fatte via Skype o con Cortana, il software per il riconoscimento e l’assistenza vocale. Motherboard denuncia che sarebbero pagati 12 dollari all’ora, con una mole di lavoro davvero enorme. Non solo Microsoft, ma anche tanti lavoratori che controllano e gestiscono, ad esempio, numerose pagine Fb.
Nella ristorazione intelligenza artificiale amica o nemica del lavoratore?
La tecnologia non ci libererebbe dal lavoro, addirittura non ci libererebbe dal suo peso. Anzi. Il lavoro umano sarebbe schiavo dalle rigide regole imposte dalla tecnologia. Un lavoro duro sottopagato, regolato dalle rigide regole della flessibilità. Si delinea un futuro in cui l’uomo diventerebbe succube delle macchine.
Al di là dell’immagine che le aziende punto zero vogliono imporre si nasconderebbe il declassamento del lavoro umano. Dietro la loro propaganda di infallibilità si nasconderebbero centinaia di uomini considerati necessari ma pesi da sopportare.
Il dibattito è aperto. Non mancano gli strenui difensori della intelligenza artificiale come uno strumento per liberare l’uomo dalle catene del lavoro. Staremmo vivendo solo un momento di transizione.
Per il momento ricordiamoci che quando ordiniamo con il nostro assistente vocale un pranzo, una cena o più semplicemente un caffè dobbiamo interrogarci se involontariamente non stiamo sfruttando un lavoratore. Glielo ha insegnato un lavoratore sottopagato.
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