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Pinocchio: metafora della fame di vita e di cultura

Lo spettacolo teatrale di Antonio Latella mette in scena un Pinocchio spogliato dalla sua aurea fiabesca per assumere i toni della metafora cibo-vita-cultura. Un Pinocchio lontano da quello che ci hanno raccontato e che abbiamo imparato ad amare. Se credi di ritrovare sulle scene quel Pinocchio a cui si allunga il naso tutte le volte che racconta una bugia, hai sbagliato spettacolo. Il naso si allunga perché il burattino vive, perché ha bisogno di mangiare. Verità e finzione si mescolano: siamo o non siamo a teatro? Il falso può diventare il vero e viceversa in un gioco senza fine. Se ce lo scordassimo, ce lo ricorda la scrittura e la scenografia. Un esempio? La pentola di fagioli spesso evocata o quel fuoco dipinto nella casa di Geppetto. Il teatro ci aiuta con le sue metafore a ricordare come la menzogna talvolta serva a mascherare una realtà troppo triste da accettare. Il testo riprende diverse espressioni legate al cibo, spesso mutuate dall’Artusi. Il mondo dell’ enogastronomia rappresenta il mondo dei possibili che ci dà il coraggio di agire cercando di fuggire alla disperazione e all’angoscia. Pinocchio è affamato di cibo, vuole uscire da quella miseria a cui sembra essere stato condannato. Lo stesso burattino rappresenta un sogno: il desiderio di Geppetto di sfuggire a sua volta dalla povertà. Se per tutto lo spettacolo teatrale il cibo è solo sognato, finalmente alla fine diventa reale. Struggente è l’incontro tra padre e figlio nella pancia del pescecane. Ora Pinocchio è giunto alla consapevolezza che “è troppo facile fare un burattino”, certo è più difficile formare un uomo in un mondo affamato e allo stesso tempo paradossalmente dilaniato dall’anoressia dei sentimenti, dei valori, fondato sulla post-verità. Tragiche ma drammaticamente vere le ultime parole di Pinocchio: « mi hai fatto come figlio, per giocarci, per muovermi come volevi tu, per fare il buffone coi figli degli altri, per guadagnare soldi, per andare dove volevi, come e quando volevi, un burattino per girare il mondo. Guardami, pa’, io non sono un burattino, sono tuo figlio, il tuo fottuto figlio in carne ed ossa. Guardami. Dimmi perché mi hai abbandonato». E la risposta di Geppetto: «Fare un figlio, non vuol dire amarlo. Io non posso amarti perché sono morto». Cala il sipario con Pinocchio che chiede al naso del padre di crescere, crescere, crescere…Talvolta meglio credere a una menzogna che accettare una triste realtà, almeno c’è la possibilità di costruirsi una via di fuga. Dalla menzogna può nascere un mondo possibile!

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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