Mi spiace: la cultura gastronomica è francese. Ne sono certa. Al Festival Culinaire Bernard Loiseau a Mauritius presso il Constance Belle Mare Plage lo capisci senza ombra di dubbio. Da sempre il paradigma dell’alta cucina è stato considerato universalmente francese. Addirittura negli anni 70, un gruppo di giovani cuochi, capitanati da Paul Bocuse, rivoluziona con successo le regole della cucina d’Oltralpe. Nasce la Nouvelle Cousine. In Italia Gualtiero Marchesi cerca di rendere internazionale la cucina italiana. Ma tutto cambia, nulla cambia: l’alta cucina in tutto il mondo continua a parlare francese. Il provincialismo degli italiani non riesce a sfruttare neppure il tentato “golpe” della cucina molecolare e del New Localism. Per noi la tradizione spesso rappresenta una catena difficile da spezzare. Non solo: i nostri chef stellati, che sono per natura portatori di innovazione, non fanno squadra, sono spesso – con rare eccezioni – prime donne, incapaci di portare la bandiera italiana nel mondo. Le aziende del Made in Italy e i più importanti rappresentanti della cucina del nostro Paese non sanno fare sistema, non sembrano capaci di comprendere che insieme potrebbero diventare vincenti, facendo conoscere l’ingrediente, il prodotto, la lavorazione e l’abbinamento migliore. Al Festival Culinaire Bernard Loiseau chef e aziende francesi procedono insieme con lo scopo di fare conoscere le eccellenze del loro paese. In poche parole sanno lavorare in team. Inoltre gli chef stellati d’Oltralpe formano le future generazioni, contribuendo a fare crescere la cultura della cucina, consapevoli che non si può dormire sugli allori. Ricordiamoci che la cucina per l’Italia significa anche turismo con tutto l’indotto connesso. Il rischio? Che in Italia i turisti abbandonino le nostre spiagge e le nostre montagne, limitandosi a visitatore le città di arte. Cultura significa anche condivisione, studiare il passato per creare innovazione, dare prospettive di vita e di lavoro alle nuove generazioni. Impariamo dalla Francia, ha molto da insegnarci. La voglia di prendere come modello chi ha trovato un percorso vincente non è sottomissione, ma intelligenza. E chissà mai che in un prossimo futuro la cultura gastronomica non parli la lingua italiana?
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