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La La Land: ristorante stellato o fast food?

La La Land: no stellato no, più un fast food alla ricerca del successo. Il musical di Damien Chazelle, interpretato da Ryan Gosling e Emma Stone, ha una trama semplice, direi banale: Sebastian è  un pianista il cui sogno è quello di aprire un locale jazz; Mia è un’attrice costretta a numerosi provini che aumentano la sua frustrazione.

  • Una storia d’amore convenzionale
  • una trama che equivale a un piatto ricco di ingredienti ma male abbinati
  • gli attori che ricordano chef costretti a creare piatti per accontentare i clienti.

Insomma aspettative deluse! Non si può dire che sia un brutto film, ma sicuramente non quel capolavoro osannato dalla critica cinematografica. Sembra più un furbo tentativo di recuperare un genere: il musical. Musical, ovvero sogni romantici e, dunque, perfezione estetica I colori, la musica, i volti e gli sfondi sembrano tante immagini rubate agli spot pubblicitari. Alla fine Sebastian e Mia realizzeranno i loro sogni, pagando un prezzo molto alto. Scenderanno a patti con il mondo del business, rinunciando alla magia dei loro sogni, e si dichiareranno sconfitti dal punto di vista sentimentale. Che dire? Il passaggio dal 900 al 2000 ha cambiato anche il sogno americano. Se nel secolo scorso era la realizzazione professionale e quella sentimentale, oggi ci si accontenta della prima. Ma se dobbiamo sognare e fuggire dalla realtà, perché rinunciare all’en plein?

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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