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Champs -Élysées a Shibuya, quando la scrittura è come fare il pane

Champs -Élysées a Shibuya un tuffo nelle emozioni di un uomo e di due donne, l’incontro della cultura francese con quella giapponese, il tentativo di costruire un futuro che continua a sfuggirci

“Ti sei scelto un futuro strano…”…”un giorno partirò per Tokio e lì mi innamorerò di una giapponese bellissima che verrà fino a Parigi per rivedermi”.  “Quanto te la tiri!” “Ehi mica ho detto che finirà bene!”.

Champs -Élysées a Shibuya è un libro che si presenta come un viaggio nelle emozioni,  sia quelle espresse che quelle represse, di un uomo e di due donne. Giorgia Giuliano, al suo debutto come scrittrice, scrive con stile semplice e diretto su come la vita sia spesso un intricato gioco in cui paure, decisioni coraggiose, delusioni, speranze, costruzioni di “letture” per comprendere gli altri servano in realtà a mettere insieme la nostra “bolla” in cerca di giustificazioni per ciò che è stato e per ciò che è. Un continuo tentativo di affiancare un futuro che per sua natura non potrà mai essere raggiunto. Meno che mai come ce lo aspettiamo. Giorgia, nonostante la giovane età, o forse proprio in virtù di questa, affronta le strane strade dei sentimenti di petto. Ha creato tre personaggi Gatien, panificatore francese che crea con il pane poesie d’amore, Akemi, giovane giapponese a cui la vita offre la possibilità di affermarsi professionalmente e di tuffarsi in un amore impossibile e Monique, la donna francese che rincorre un amore che sa di non poter vivere, trasformandolo in nostalgia di ciò che è esistito solo nella sua mente e nel suo cuore. Tutte e tre i personaggi hanno costruito la loro “vita” ma non basta: continuano ad essere alla ricerca di quel sapore che hanno in sé ma che faticano a condividere. Le tre voci hanno modo di raccontarsi per poi fondersi in un finale che naturalmente non vi rivelerò.Champs -Élysées a Shibuya: il primo libro di Giorgia Giuliano

Un ottimo lavoro artigianale, perché la scrittura è artigianalità, proprio simile a quella messa in campo dal fornaio quando sforna il pane. E Giorgia, da buona artigiana delle parole, ha parlato di sentimenti ed emozioni dosando perfettamente gli ingredienti, dandogli modo di lievitare senza commettere errori nella cottura. Tutto è lieve, soffice, autentico, anche quando il dolore è lancinante. Di sicuro, Champs-Élysées a Shibuya è un romanzo che segna l’inizio di un percorso e di una voce autentica già al suo esordio grazie alla sua capacità di stupire senza artifici e in modo piacevole.

La chiacchierata telefonica con Giorgia Giuliano

Già da bambina sognavo di scrivere un libro, un libro che non si concludesse con un lieto fine. Un sogno che ho sempre desiderato che si trasformasse in realtà. Lo studio, il lavoro rallentavano la sua realizzazione, ma poi il lockdown mi ha spinto a terminarlo. É stato un libro scritto di getto, influenzato dagli umori del momento”.

Che cosa è per te la scrittura?

“É il mio modo di stare al mondo. Se non sapessi scrivere, sarei spacciata. É ciò che so fare, sono io. Non esisterei senza la possibilità della scrittura. Scrivo dovunque, dappertutto, senza sosta”.

Perché la tua avversione al lieto fine?

É uno stacco violento nei confronti della realtà. La vita è fatta di nostalgie, malinconie, occasioni che spesso ci sfuggono, fessure che possiamo vedere o anche non scorgere”.

Perché il Giappone?

É il luogo della mia creatività, del mio cuore. Persino quando ho scoperto la mia passione per il cibo, lo devo all’incontro con il mondo nipponico. La cosa strana? Non sono mai stata in Giappone. Il suo fascino l’ho conosciuto quando ho imparato ad usare le bacchette. Un amore a prima vista, che mi ha letteralmente travolto. E dal momento che cibo è sinonimo di cultura, il passo verso la cultura giapponese è stato assai breve. Ciò che mi affascina è la capacità giapponese di impedire la rottura definitiva, tutto può essere ricostruito accettando la fragilità insita in noi stessi e in tutto ciò che ci circonda. Il Giappone è accoglienza, premura, desiderio di farti sentire a tuo agio, è positività.”

Che cosa rappresenta per te Parigi o Tokio?

“Giappone e Francia hanno identità culturali ben definite, ma hanno delle analogie. I giapponesi e i francesi sono sofisticati, con una grande differenza: i  primi lo sono in modo naturale, i secondi lo ostentano”.

C’è  nel libro un riferimento alla tua vita?

“Sono ghiottissima di pane. Anch’io, come Monique, quando ero piccola, amavo immergere la mollica del pane nel latte. E poi il pane è metafora dello scrivere”.

A me non resta che aspettare con trepidazione il secondo libro di Giorgia. Quando? Prestissimo

Dove comprare Champs -Élysées a Shibuya

Amazon, Mondadori Store.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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