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Cibo, cultura e falsa informazione. Il foie gras proibito veramente a New York?

Il mondo del cibo è spesso vittima di fake news. Questa volta tocca al foie gras

In un’epoca in cui conta arrivare primi senza preoccuparsi troppo della correttezza dell’informazione, vi smontiamo l’ultima news enogastronomica sparata come un missile: “foie gras vietato a New York”. Il luxury food conosciuto e apprezzato in tutto il mondo nella Grande Mela non si potrà più spalmare sulla baguette. Dal 2020 nessuno più lo potrà degustare.

Il foie gras proibito veramente a New York?

Beh le cose non stanno proprio così. Le informazioni esagerate, date in modo approssimativo, sono spesso peggio delle fake news. Vediamo di fare chiarezza. La consigliera democratica Carlina Rivera ha fatto approvare all’amministrazione dello stato di New York una mozione in cui si chiede la messa al bando del foie gras, pena una multa da 1000 ai 2000 dollari.

In realtà, se si legge attentamente il testo, si scopre che il divieto di produzione e di commercio riguarda il gavage, la pratica di alimentare in modo forzato le oche e le anatre per fare ingrassare il fegato dell’animale fino ad arrivare a 10 volte la grandezza naturale.

Facile evitarne la produzione, la vendita e la somministrazione? No. Per punire il produttore si dovrà accertare come è stato alimentato l’animale. Inoltre chi vende fois gras ricorrerà all’escamotage già messo in atto a Chicago per aggirare la legge: il fois gras non si chiamerà più fois gras. Negli USA, oltre a Chicago, è proibita la produzione dell’iconico cibo francese nello stato della California. Nel resto del mondo in Gran Bretagna, in Israele, in Argentina e in India.

E in Europa? Il trattato n. 87 della Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti impedisce genericamente la produzione via alimentazione forzata in quasi tutti i paesi europei. In Italia è illegale la produzione, ma consentita la vendita.

Le ragioni di chi si oppone e di chi difende la produzione del fois gras

A opporsi alla produzione e alla commercializzazione del foie gras sono soprattutto gli animalisti, che rifiutano la sofferenza inferta agli animali per soddisfare il piacere del palato. Chi lo produce nega ogni violenza, ricordando come sia cambiato il modo di produzione.

Chi vuole continuare a mangiare fois gras sostiene che è sbagliato antropizzare gli animali che non avrebbero la nostra stessa percezione del dolore. E qui qualche dubbio lo sollevo! Dal punto di vista culturale, non manca chi sostiene che la produzione di foie gras è un’arte artigiana che non può essere lasciata all’oblio. Inoltre  si sottolinea che è un cibo che non si mangia tutti i giorni, ma solo occasionalmente, spesso durante festività o importanti ricorrenze. Ci si interroga perché la stessa animosità non la si impiega nella condanna degli allevamenti di polli o bovini, la cui carne è maggiormente consumata.

Quesito famelico

Sicura che la legge dello Stato di New York non impedirà, a causa delle sue maglie larghe, ai ristoratori di continuare a servire il fois gras, mi chiedo se non sia più corretto porre il quesito, a cui, prima o poi, saremo chiamati a dare risposta: fino a che punto il nostro piacere può giustificare eticamente la macellazione o la pesca? Oggi la fame non ci costringe più ad alimentarci senza porci questioni etiche. Nella società dei consumi, il cibo è legato al piacere e al potere. Iniziamo a discuterne seriamente?

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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